LA REPUBBLICA
di Aldo Fontanarosa
La possibile vendita dell’agenzia d’informazione Agi ad Antonio Angelucci – editore del Giornale, di Libero e del Tempo, ma anche deputato della Lega – entra nel radar dell’arbitro dell’editoria. Il Garante delle Comunicazioni (l’AgCom) si accorge che le attuali leggi lo mettono fuori gioco, di fronte a un caso così rilevante.
In sostanza, il Garante non potrà accertare se il passaggio dell’Agi – dall’Eni ad Angelucci – assesterebbe un colpo al pluralismo, come osservatori anche internazionali già sospettano. Nessuno strumento normativo, oggi, permette
all’AgCom di esaminare il caso Agi e le sue ricadute. Tutto qui.
La legge 67 del 1987 è paurosamente chiara, al riguardo. Il suo articolo 3 fissa i paletti invalicabili che un editore della carta stampata non può superare. Paletti che puntano a evitare una concentrazione eccessiva di giornali nelle mani di una stessa persona. Si parla di giornali, appunto. L’articolo non fa alcun cenno alle agenzie d’informazione come è l’Agi, che pure è la seconda più importante del Paese. Quindi Angelucci – che ha in mano già tre quotidiani – prenderà forse l’Agi senza che il Garante possa dire niente. AgCom parla della legge 67 sulle concentrazioni editoriali – una roba di era giurassica, datata 1987 – in una sua segnalazione al governo Meloni.
Ora, attenzione: la segnalazione del Garante non fa il nome dell’Agi e tantomeno quello di Angelucci. Nessun riferimento alle polemiche che pure divampano intorno all’agenzia di informazione, oggi dell’Eni. Il ragionamento del Garante è generale. Eppure un riferimento al caso Agi si può leggere in un punto preciso della segnalazione. Il Garante spiega che le sole copie stampate dagli editori non sono più un metro adeguato per misurarne la forza così la legge del 1987). E invoca uno strumento ben più veritiero.
Il nuovo strumento dovrebbe permettere al Garante di valutare elementi anche «quantitativi e qualitativi; di carattere economico, tecnologico e di mercato», con un occhio infine alla «contiguità tra settori merceologici in cui operano i soggetti coinvolti». Contiguità come quella che c’è tra i giornali di Angelucci (Giornale, Libero e Tempo) e un’agenzia come l’Agi che il parlamentare vuole comprare.
La segnalazione del Garante riceve l’applauso di Andrea Riffeser Monti, presidente degli editori della Fieg.
Riffeser Monti non guarda, ovviamente, al caso Angelucci. Fa, semmai, una valutazione di sistema: «Negli ultimi 40 anni – dice – i quotidiani sono diventati un prodotto diverso da quello che erano. Per misurare oggi il livello di pluralismo informativo occorre dunque tenere conto delle radicali trasformazioni che hanno interessato il settore». Ieri intanto il Garante (l’AgCom) ha archiviato la segnalazione che Michele Santoro ha presentato come rappresentante della “Lista Pace Terra e Dignità”, in corsa per le Europee. Nella sua segnalazione, Santoro ha contestato le critiche che Bruno Vespa gli ha indirizzato il 16 maggio 2024 – senza contraddittorio – durante i suoi Cinque minuti su Rai 1.
Le parole di Vespa riguardavano le lontane puntate del Raggio Verde del 2021 in cui Santoro si occupò (criticamente) di Berlusconi. Per il Garante, Vespa non ha violato «i principi di correttezza, lealtà e imparzialità» dell’informazione nella sua trasmissione del 16 maggio 2024. Hanno votato contro l’archiviazione della segnalazione di Santoro i commissari Antonello Giacomelli («una decisione incoerente, irragionevole e pericolosa per il precedente che rappresenta») ed Elisa Giomi («non si può tutelare il pluralismo a targhe alterne. Le critiche di Vespa a Santoro, conduttore di venti anni fa, necessariamente si estendono anche al Santoro ora candidato», dice).
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