LA STAMPA – (di Ilario Lombardo) – L’ad risponde sulla vendita dell’agenzia di stampa al deputato della Lega: «Stiamo valutando se ci sono altre società interessate». Patuanelli: «È da sempre così, non prenderci in giro»
PESCARA. Per la prima volta Claudio Descalzi risponde sull’affaire Agi. Lo fa dopo essere sceso dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara, dove è stato protagonista di un panel dedicato al Piano Mattei, progetto di cooperazione in Africa che Giorgia Meloni ha battezzato in nome del fondatore di Eni, Enrico Mattei, proprio lui che volle inglobare all’interno dell’azienda dell’energia un’agenzia di stampa che con il tempo è diventata la seconda più grande in Italia. E che adesso è a un passo dalla vendita al gruppo di Antonio Angelucci, imprenditore delle cliniche private, sovrano di una concentrazione editoriale di tre quotidiani di destra, tutti e tre filomeloniani, e, soprattutto, deputato della Lega, cioè un partito della maggioranza. Una vendita che ha un profilo evidente di conflitto di interessi, che ha scatenato un clamore internazionale ed è finita sotto il faro della Commissione Ue.
Ingegnere, si parla di un preliminare di vendita già firmato.
«Non mi risulta. Io non ho firmato nulla»
Ma allora quale è la situazione sull’Agi?
«Stiamo lavorando. Stiamo ancora facendo le nostre valutazioni. Stiamo cercando di capire se c’è qualche altro interesse».
Questo vuol dire che non è chiusa. Ma cosa significa che state valutando?
«Come già da dieci anni, stiamo cercando di capire se ci sono altre società interessate, altri editori»
Ma non è inopportuno per un’azienda che riceve contributi pubblici vendere ad Angelucci, che è un deputato della maggioranza?
«Eni è una società di energia, non è un editore, da dieci anni abbiamo già ricevuto anche altre proposte ma non sono state reputate coerenti».
Alle parole di Descalzi su La Stampa replica poco dopo Stefano Patuanelli su Facebook: «Hai ragione Claudio Descalzi, ma lo è da molto tempo e tu sei AD da almeno dieci anni. E te ne accorgi solo ora? Per favore, almeno la decenza di non prenderci in giro…».
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