L’Agi resti pubblica con una fondazione indipendente

HUFFINGTON POST

di Michele Anzaldi

+

L’Agi resti pubblica con una fondazione indipendente

Abbia, fin nello statuto, la mission della tutela dell’autonomia della testata, del pluralismo e della correttezza dell’informazione. Tra i soci (pubblici) potrebbe esserci proprio l’Eni. Un’operazione che potrebbe diventare un modello per la Rai

22 Marzo 2024 alle 14:34

La notizia secondo cui l’Eni starebbe trattando per cedere l’agenzia di stampa Agi al gruppo Angelucci ha scatenato comprensibili preoccupazioni e proteste, lo sciopero della redazione, ma anche la posizione di chi, come “Il Foglio”, parla di operazione “trasparente e meritoria”, perché un privato deciderebbe di investire soldi in un progetto editoriale. Ciò che, però, sembra trascurare il quotidiano diretto da Claudio Cerasa è che l’Agi non è una semplice testata giornalistica, è innanzitutto un’agenzia di stampa, ovvero un organo di informazione che opera in un settore delicato e strategico quale è quello dell’informazione primaria, settore inevitabilmente ristretto perché rivolto alle altre testate e alle istituzioni prima ancora che agli utenti. Ma, soprattutto, l’Agi è di fatto l’unica agenzia di stampa italiana a proprietà pubblica. L’editore dell’agenzia, infatti, è l’Eni, la principale azienda pubblica del nostro Paese, i cui vertici sono nominati dal Ministero dell’Economia che ne detiene la quota di controllo. 

Mettere sul mercato un’azienda di informazione sostanzialmente pubblica, quindi, è un’operazione che richiede chiarimenti, discussioni pubbliche, di certo è impensabile che si proceda nel silenzio e in maniera opaca. Ma è ancora più impensabile che un’azienda pubblica, controllata dal governo, proceda alla cessione di un asset democraticamente strategico, come un’agenzia di stampa, a un soggetto privato ampiamente implicato in politica come Angelucci, senatore della Lega ed editore schierato alla luce del sole in favore del centrodestra con i suoi quotidiani (“Il Giornale”, “Libero”, “Il Tempo”). 

Cedere l’Agi ad Angelucci significa concedere a un gruppo privato un’impresa, come un’agenzia di stampa, che beneficia di importanti quote di contributi pubblici assegnati dal dipartimento Editoria della presidenza del Consiglio. Se quel privato è anche un esponente politico, il conflitto di interessi diventa enorme.

Se davvero l’Eni intende privarsi di un asset come l’Agi, intanto spieghi perché non la ritiene più strategica. La decisione di portare nel gruppo energetico l’agenzia fu presa da Enrico Mattei nel 1965, nell’ambito della strategia del fondatore di sostenere l’informazione e il pluralismo (anche con la nascita del quotidiano “Il Giorno”). Una strategia che ha consentito in questi decenni di tutelare l’autonomia dell’Agi e farla diventare una delle agenzie più autorevoli a livello internazionale. Se oggi l’Eni la vende, di fatto smantella un tassello fondamentale della strategia culturale di Mattei, proprio sotto il governo che pomposamente ha varato il cosiddetto “Piano Mattei” per l’Africa. 

Se, però, i vertici Eni intendono procedere alla cessione, allora si valuti una soluzione pubblica, per lasciare l’Agi nell’ambito istituzionale. Perché è stata presa in considerazione solo l’offerta Angelucci? Non ci sono altre offerte? Per esempio si potrebbe costituire una fondazione indipendente con soci pubblici, che tuteli l’autonomia della testata e abbia fin nello statuto la mission della tutela del pluralismo e della correttezza dell’informazione. Magari tra i soci della fondazione potrebbe esserci proprio l’Eni, per i cui bilanci miliardari l’eventuale peso finanziario di un’agenzia di stampa è davvero irrisorio, insieme ad altre grandi aziende pubbliche. 

Un’operazione di questo tipo, peraltro, potrebbe diventare un modello anche per la Rai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *